Nel 1948 in una via centrale di Berna esisteva, e forse esiste ancora, un bel negozio di giocattoli. Nel luglio di quell'anno un elegante signora si fermo' davanti a quella vetrina. Era la prima volta che usciva dall'ospedale dove suo marito era stato ricoverato diversi giorni prima in gravissime condizioni per un incidente di corsa sul circuito di Bremgarten. Un terribile incidente ,era gia' stato dichiarato deceduto ma i medici, alleati con il Destino, gli avevano riacciuffato la vita per un pelo.Il giorno prima nelle prove l'uscita di strada mortale di Varzi aveva ricordato a tutti l'agghiacciante pericolosita' di quel tracciato. Ma ora la signora era felice perche' suo marito era stato dichiarato fuori pericolo.La vetrina del negozio era stracolma di orsi di peluche di tutte le dimensioni,erano l'orgoglioso simbolo della citta' svizzera. Ne compro' uno molto piccolo perche', come poi disse, non era come gli altri, aveva uno sguardo umano e felice. " Te l'ho comprato perche' sono sicura che ti portera' fortuna" disse al marito che l'aspettava in ospedale. Quell'uomo un po' stempiato con i baffetti neri le sorrise debolmente. Da quel momento non si sarebbe piu' separato da quella mascotte tenendola sotto la tuta da pilota alla partenza di ogni gara. L'aveva promosso ad orsetto da pista, ma non gli diede mai un nome. Lui invece si chiamava Maurice Trintignant.
Era un pilota metodico, pianificatore ma nel momento del bisogno si prendeva i suoi rischi. Memorabile fu la vittoria a Montecarlo nel 1955, nel G.P. di Europa di Formula 1: negli ultimi giri la pressione dell'olio della sua Ferrari si azzerava nalle curve a sinistra per tornare pressoche' normale in quelle a destra. Trintignant adotto' allora un ritmo di marcia particolare: piede di velluto nel percorrere le prime, derapate da far rizzare i capelli in testa nelle seconde per mantenere la media di gara che si era imposto! Arrivo' primo, anche grazie al tuffo nel porto di Ascari. Maurice era nato gentleman driver e di questa stoffa si nasce, non si diventa.Visse a lungo fino ad 88 anni, occupandosi delle sue vigne nel Midi vicino ad Avignone, come aveva sempre fatto con orgoglio tutto francese. Nella sua biografia "Pilotes de Courses" uscita nel 1957 descrive bene la flemma con cui partiva dalla sua tenuta di campagna a bordo dell'amata Buick -il famoso orsetto appeso al retrovisore- per recarsi sui circuiti di gara con ore e ore di guida anche notturna. Quando un meccanico della sua scuderia Ferrari gli chiese quale sarebbe stato il nuovo vino di sua produzione rispose: "Si chiamera' Petoulet...e' il rose' delle mie vigne. Ho fatto disegnare un'etichetta molto graziosa con la bandiera a scacchi dell'arrivo della corsa".
Gia', Petoulet. Il soprannome che gli aveva affibbiato Wimille a Parigi, nel 1945. Trintignant aveva ricomprato prima del conflitto la Bugatti sulla quale aveva perso la vita suo fratello Louis e l'aveva riparata. Per sfuggire alle requisizioni tedesche l'aveva smontata e nascosto le diverse parti in un fienile. Dopo quattro anni passati in compagnia dei...topi il serbatoio era stato contaminato dalle deiezioni degli animaletti.Alla prima gara la "nonna" fu costretta al ritiro per i getti dei carburatori otturati nonostante la pulizia del serbatoio effettuata durante il rimontaggio. Furente, Trintignant aveva espresso in toni coloriti il suo disappunto per quelle cacchette che in campagna da lui venivano chiamate "petoulet" , termine sconosciuto agli altri piloti che accolsero il suo sconforto con grasse risate. Il nomignolo lo porto' per tutta la vita con orgoglio : un grande pilota, corretto e professionale, appassionato vigneron , ricolmo di joie de vivre.
A cura di Aeroduck
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